Affittacamere, partita IVA sì o no

L’attività di affittacamere sta avendo una grossa diffusione, in particolare nelle grandi città in cui è maggiore la richiesta di soggiorni, più o meno lunghi, 365 giorni all’anno.

Parti di grandi abitazioni oppure seconde cose vengono adibite ad affittacamere, un’attività che, se di successo, può senz’altro risultare maggiormente redditizia rispetto alla tradizionale locazione a lungo termine.

Tale attività è definita, dalla Legge n.217/1983, come l’attività di coloro che forniscono alloggio per mercede adibendo a tale scopo non oltre 4 camere ammobiliate ed arredate con un numero massimo complessivo di 6 letti o per 6 ospiti, senza esercitarvi un’azienda alberghiera.

Sussiste anche un’altra definizione di affittacamere, prevista dalla più recente Legge Quadro sul Turismo, che spinge il limite delle 4 camere a 6 camere con una capacità ricettiva non superiore a 12 posti letto suddivise in non più di 2 unità situate nello stesso stabile.

Affittacamere: quando è necessaria la partita IVA

L’attività di affittacamere può essere qualificata o meno come attività commerciale o imprenditoriale. E’ questa la discriminante per l’obbligatorietà di aprire la partita IVA.

Capire quando l’attività di affittacamere è svolta in modo imprenditoriale o commerciale, però, non è così immediato considerata la scarsa chiarezza che, nella definizione dei confini tra le due ipotesi, normativamente esiste.

In linea di massima, tale attività è svolta in modo imprenditoriale quando è svolta con professionalità abituale ossia in modo stabile, continuativo e sistematico.

Per comprendere tale elemento è necessario fare riferimento anche ai singoli regolamenti comunali o alle leggi regionali ove è situato l’immobile anche se in genere sotto le due unità affittate non si configura un’attività imprenditoriale.

Ulteriori elementi distintivi sono l’organizzazione di mezzi e la fornitura di servizi accessori alla locazione. Infatti, quando oltre alla mera locazione dell’unità immobiliare, ci si impegna a fornire anche servizi accessori (come ad esempio il cambio biancheria piuttosto che la pulizia dei locali ecc), difficilmente si può sostenere che l’attività sia svolta in modo non imprenditoriale.

E’ il caso, però, di evidenziare che l’indice relativo ai servizi accessori ha subito un ridimensionamento per effetto della precisazione contenuta nel recente DL 50/2017 (con il quale sono state introdotte le novità in materia di “locazioni brevi”) con il quale è stato evidenziato che la mera presenza di fornitura di biancheria o di pulizia non è di per sé elemento sufficiente ad attrarre la locazione nell’ambito dell’attività d’impresa.

Nella pratica si potrebbe, per verificare se la locazione immobiliare è svolta con professionalità e organizzazione di mezzi, far riferimento anche al numero di immobili gestiti dal singolo, piuttosto che ai corrispettivi percepiti dalla locazione stessa, o al numero delle locazioni poste in essere o, addirittura, alle modalità con cui vengono fornite.

Il consiglio in questi casi è, comunque, quello di rivolgersi ad un commercialista con esperienza in materia che possa esaminare con scrupolo la specifica fattispecie e consigliare al meglio la strada da intraprendere.

Ogni Regione adotta regolamentazioni diverse

La disciplina del contratto di affittacamere era inizialmente contenuta nella L. 1111/1939, quindi nella L. 217/1983, poi abrogata dalla L. 135/2001, c.d. legge di riforma della legislazione nazionale del turismo, che ha disciplinato la materia, unitamente alle leggi regionali.

La regolamentazione dell’attività di affittacamere viene, generalmente, affidata ad ogni singola Regione.

Le Regioni nella maggior parte dei casi permettono di esercitarla come attività saltuaria, non imprenditoriale, esclusivamente all’interno di un numero limitato di stanze/posti letto.

Con specifico riferimento alla Regione Lombardia, con l’entrata in vigore della L.R. 27/2015, l’attività di affittacamere non è più contemplata.

Le nuove figure previste sono la Foresteria e la Locanda Lombarda.

Le prime sono strutture ricettive gestite in forma imprenditoriale in non più di sei camere e quattordici posti letto da chi fornisce alloggio ed eventuali servizi complementari, compresa la somministrazione di alimenti e bevande ai soli alloggiati.

Le locande, invece, sono strutture ricettive complementari all’attività di somministrazione di alimenti e bevande, gestite dallo stesso titolare in forma imprenditoriale in non più di sei camere con un massimo di quattordici posti letto.
L’esclusione dell’IVA e la ricevuta al cliente

L’attività di affittacamere, svolta in maniera non professionale, è esclusa dal campo di applicazione dell’IVA. Inoltre, vi è l’esonero dagli adempimenti relativi alla tenuta della contabilità IVA, contribuzione INPS, iscrizione alla Camera di Commercio e iscrizione INAIL.

Il proprietario dei locali affittati deve comunque rilasciare al cliente regolare ricevuta, applicando marca da bollo da 2 euro se l’importo supera i 77,47 euro.

L’insieme delle ricevute servirà per la dichiarazione dei redditi.

Come considerare i redditi percepiti e l’attività sulla base dei servizi offerti

I redditi percepiti, da chi esercita l’attività di affittacamere in modo saltuario, sono configurati come redditi diversi, cioè derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente.

Per chi, invece, esercita tale attività in modo professionale il discorso è del tutto diverso in quanto l’attività in questione, oltre ai redditi diversi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente, può essere produttiva di redditi di fabbricati o redditi d’impresa.

L’appartenenza dei ricavi generati dall’attività di affittacamere alla categoria dei redditi fondiari piuttosto che a quelli d’impresa va valutata, secondo la RM 31/12/1986 prot. 9/1916, sulla base dei servizi accessori eventualmente erogati.

Il Ministero ha sul punto stabilito che “la fornitura, anche abituale, di appartamenti ammobiliati e camere mobiliate verso un determinato corrispettivo, non accompagnata dalla prestazione di servizi accessori, non è idonea a integrare gli estremi necessari per la configurabilità di un’attività imprenditoriale”.

Pertanto, a seconda dei servizi forniti, l’attività sarà configurata come locazione immobiliare (rectius redditi fondiari) ad uso abitativo (in caso di servizi minimi obbligatori quali, luce, gas, riscaldamento, arredi e utensili) o come attività produttiva di redditi d’impresa (in caso di servizi extra quali cambio biancheria, pulizia, ecc) o di redditi diversi se occasionale.

Dott. Giuseppe Mancini

[fonte: dossierprofessionisti.com]