L’incarico all’agente immobiliare evita il comodo

Ai fini dell’applicabilità della disciplina sulle società di comodo, non è verosimile che la decisione di tenere sfitto un immobile dipenda dalla volontà del contribuente. 

Le decisioni della Commissione Tributaria

Non può essere considerata di comodo la società che dimostra, tra l’altro, di aver regolarmente locato a un soggetto terzo l’immobile di proprietà.

Inoltre, il provvedimento di diniego del Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate sulla disapplicazione della disciplina delle società di comodo è un atto autonomamente impugnabile in quanto l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs 31 dicembre 1992, n.546, art.19, ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria.

Sono queste le conclusioni a cui è pervenuta di recente la Ctr di Milano con la sentenza 2216/2018 del 09.05.2018.

L’istanza di disapplicazione

Nel caso esaminato, la Direzione Regionale della Lombardia dell’Agenzia delle Entrate, impugnava la sentenza emessa dai giudici di primae curae con la quale veniva accolto il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente nei confronti di un atto di diniego parziale all’istanza di interpello disapplicativo presentato, dalla stessa, e con il quale chiedeva la disapplicazione della normativa sulle società di comodo in riferimento a due immobili posseduti.

La DRE della Lombardia, accoglieva suddetta istanza di interpello soltanto parzialmente e con riferimento ad uno dei due immobili utilizzati dalla stessa società per lo svolgimento della sua attività in campo immobiliare. Più precisamente l’istanza non veniva accolta con riferimento all’immobile, utilizzato per l’esercizio dell’attività di locazione, che per una parte del 2014 era restato sfitto. L’Ufficio Finanziario sosteneva che la mancata locazione dell’immobile, per parte del 2014, costituiva una situazione soggettivamente riconducibile alla sfera di volontà della società in quanto, il contribuente, non allegava all’istanza eventuali incarichi conferiti ad agenzie immobiliari che provassero l’effettiva intenzione degli organi societari di collocare l’immobile sul mercato.

Il Ricorso introduttivo

Nei confronti di tale diniego, la società presentava ricorso e opponeva che il mancato conseguimento del reddito minimo non era dipeso dalla propria volontà ma dalla disdetta, al contratto di locazione che aveva in essere fino all’anno precedente, presentata dall’inquilino nonché dalla temporanea inagibilità dello stesso immobile per via dei lavori di ristrutturazione a cui era stato necessario sottoporlo. Al ricorso introduttivo, la società, allegava a dimostrazione delle proprie motivazioni la comunicazione di inizio lavori edili presentata al Comune di competenza e copia della corrispondenza intercorsa con l’agente immobiliare a testimonianza del tentativo di reperire un potenziale nuovo inquilino. Inoltre, veniva ribadito che non era interesse della società tenere sfitto uno dei 2 immobili di proprietà.

L’Appello

Con atto di appello, l’Agenzia delle Entrate, DR Lombardia, evidenziava che il provvedimento di diniego è un atto non impugnabile, ex art. 19 comma 1 D.Lgs n.546/1992; che in assenza di un atto impositivo non è configurabile, in capo alla contribuente, un interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.; che l’atto in esame, al di là sua denominazione, non rientrava nel novero degli atti impugnabile presso le commissioni tributarie; che il contribuente non provava, come era suo onere, la sussistenza di determinate oggettive situazioni rilevanti ai sensi dell’art.27 bis DPR n.600/1973.

Con atti di controdeduzioni, la società appellata, si costituiva in giudizio controdeducendo ogni punto dell’appello e riproponendo tutti i motivi di merito e di diritto già eccepiti in primo grado.

Il dispositivo della sentenza della Ctr

Nel rigettare l’Appello, i giudici milanesi hanno ritenuto configurabili i requisiti previsti dalla legge per l’applicabilità, al caso discusso, dei benefici stabiliti dall’art.37 bis comma 8 DPR n.600/73 tenuto conto che la società, con i documenti depositati, aveva dimostrato pienamente che l’immobile sociale era regolarmente locato a un soggetto terzo fino all’anno precedente a quello oggetto di contenzioso e che il contratto veniva disdettato per volontà dell’inquilino; che vi era prova in atti che la contribuente aveva affidato ad un agente immobiliare l’incarico di locare il predetto immobile e che era altresì provato l’avvenuto svolgimento di lavori di ristrutturazione che rendono notoriamente impossibile locare l’immobile; che non era, altresì, verosimile che una società che svolge attività commerciale in campo immobiliare decida, per sua esclusiva volontà, di conservare un immobile senza ricavarne alcun reddito.

Inoltre, i giudici hanno respinto anche l’eccezione sull’illegittimità dell’impugnabilità del provvedimento di diniego, in quanto è possibile un’interpretazione estensiva delle disposizioni di cui all’art.19 D.Lgs 546/92 in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt.24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art.97 Cost.).

Dott. Giuseppe Mancini

[fonte: dossierprofessionisti.com]