Imposta di registro: le clausole penali contenute nei contratti di locazione

Le clausole penali vanno qualificate quali “negozi collegati” con la conseguenza che, ai fini dell’imposta di registro, vanno tassate secondo le modalità di cui al secondo comma dell’art.21 del TUR (DPR 26/04/1986, n.131).

La decisione della Commissione Tributaria

Per spiegare in altre parole ciò che su scritto, siccome le clausole penali non possono sopravvivere autonomamente non sono assoggettabili ad imposta di registro.

Questa è la conclusione a cui è pervenuta di recente la Ctr di Milano.

La posizione dell’Agenzia delle Entrate

Nel caso esaminato, l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione l’imposta di registro in misura fissa in relazione alle clausole penali contenute in un contratto di locazione registrato.

Ciò ritenendo che tali disposizioni per loro natura non derivano necessariamente dal medesimo contratto e che quindi sarebbero soggette ad autonoma imposizione come se fossero un atto distinto ai sensi dell’art. 21, comma 1, del DPR 131/86.

L’Amministrazione Finanziaria eccepiva che le clausole penali andavano considerate disposizioni di contenuto patrimoniale pattiziamente aggiunte al contratto di locazione per la produzione di ulteriori effetti giuridici costituenti espressione di capacità contributiva.

La tesi del contribuente

Contro l’avviso di rettifica e liquidazione il contribuente ricorreva, tra l’altro, eccependo l’errato inquadramento giuridico della vicenda.

A suo dire, il contratto di locazione oggetto del contendere era da considerarsi atto che conteneva più disposizioni che derivavano necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre e che, pertanto, la clausola penale era da considerare accessoria all’obbligazione principale dalla quale dipendeva.

Il contribuente, in altre parole, contestava che mentre il contratto di locazione poteva esistere anche senza la clausola (considerata dall’Agenzia delle Entrate come penale), quest’ultima non avrebbe ragion di esistere senza il contratto di locazione e senza l’obbligo del conduttore di versare un corrispettivo.

Di conseguenza, ai sensi dell’art. 21 del TUR, era tassabile soltanto la disposizione negoziale che dava luogo al pagamento dell’imposta più onerosa (imposizione unica) e non entrambe le obbligazioni contrattuali.

A sostegno della propria tesi richiamava la seguente giurisprudenza: Cass. sentenza n. 1183/2007; C.T.P. di Milano sentenze n. 3380/12/2017, 894/10/2019, 2769/3/2019; C.T.R. di Milano sentenza n. 3488/14/2017.

Il dispositivo della sentenza della Ctp

Nell’accogliere il ricorso del contribuente, i giudici milanesi hanno ritenuto che le clausole penali vanno qualificate quali “negozi collegati” con la conseguenza che, ai fini dell’imposta di registro, vanno tassate secondo le modalità di cui al secondo comma dell’art.21 del TUR (DPR 26/04/1986, n.131).

In altre parole, siccome le clausole penali non possono sopravvivere autonomamente rispetto al contratto di locazione non sono assoggettabili ad imposta di registro.

Inoltre, i giudici hanno respinto anche l’eccezione ministeriale circa l’applicabilità dell’art. 27 del DPR 131/1986.

Questo perchè con tale disposizione si fa riferimento alla fattispecie degli atti sottoposti a condizione sospensiva, mentre le clausole penali presenti nei contratti di locazione oggetto del contendere non erano tali da sospendere l’efficacia degli accordi contrattuali.

Il contratto di locazione nel quale tali clausole sono inserite, difatti, produce i propri effetti sin dal momento della stipula, non essendo sottoposti ad alcuna condizione  sospensiva.

[Fonte: dossierprofessionisti.com]